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il romanzo della guerra 9


era stata messa in moto e non era in mia facoltà l’arrestarla. I tumulti e le sommosse in Italia erano in quel giorno, 30 giugno, ancora in prima linea.

I giornali dell’ordine un po’ deridevano le così battezzate repubbliche di Pinocchio, un po’ denunciavano le violenze, gli incendi, i saccheggi, i mezzi teppistici usati. Se ne raccoglieva un senso — diciamolo pure — di pavore e di incertezza da parte delle classi dirigenti. E su quel pavore tonava da Milano la voce del prof. Benito Mussolini, direttore dell'Avanti!, per nulla intimidito, per nulla pentito: «Ma questa era la guerra di classe! la guerra non si fa coi guanti; la teppa rappresenta gli eroici sanculotti della nuova rivoluzione. Vi si preparassero i signori borghesi!»

Allora è sempre la guerra — pensavo — , cioè, se non è zuppa, è pan bagnato.

***

Di queste cose m’intrattenevo nel mese di luglio — quando il sipario dell’orrenda tragedia europea non era ancora levato — con l’amico Renato Serra, qui in Bellaria, lungo la riva del mare.

Renato Serra — non se ne dolga l’amico, restìo ad ogni lode — è una delle più luminose intelligenze che io abbia avuto la ventura di conoscere in questi ultimi tempi; e se le cose non andassero così come vanno, il suo posto dovrebbe essere ben altro che in una