Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
138 | il romanzo della guerra |
che ce lo vieta; è la midolla dell’insano leone che Prometeo — prima ancora di Thor — infuse nella creta primordiale — come canta l’antico poeta: l’infuse ai Germani ed a noi. L’acqua lustrale del battesimo non bastò e non basta.
E allora, allora impariamo anche noi a manovrare i mortai, gli spaventosi mortai....
Voi pur ci avete beneficato, o Germani!
Milano, 14 novembre.
Hans Barth — lo sapete — è un tedesco amico d’Italia. Risiede in Roma; è corrispondente del Berliner Tageblatt; ha scritto un dionisiaco libro bizzarro sulle Osterie d’Italia, al quale libro il d’Annunzio premise una delle sue prose più togate e mitrate.
Ora Hans Barth scrive una lettera che è riprodotta nel Secolo di ieri, ed io ne approfitto perchè mi pare che essa lumeggi le cose che io sono venuto scrivendo, qua e là, in queste pagine:
Hans Barth dice molte cose bellissime e già dette, e apologetiche intorno ai Germani e parla della sentimentalità e della pietà germanica: ma quello che più interessa sono le parole in cui dichiara che in Germania non si tratta di una guerra dinastica e diplomatica, ma della guerra più popolare che un popolo possa mai combattere..., di una guerra veramente nazionale ed ideale, che ha già creato valori morali immensi