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il romanzo della guerra | 123 |
una nausea intollerabile che un italiano ammetta questa buona fede, e come vedete, mi viene il convulso.
Essi vanno a prendere la cassetta dei medicamenti d’urgenza, ed io ho perduto ancora un’altra dose di quella poca reputazione che mi resta.
— La colpa, caso mai, è del Kaiser e del militarismo teutonico, si persuada — mi sento ripetere.
Io non sono persuaso.
***
Ho incontrato per via — dopo un anno — il dottor B***; un savio e valente medico.
— Lei va in fretta, dottore, a portare la salute, e nel mondo si uccide...
— Che cose, eh! — dice sorridendo.
— Per me? Nulla. Io non ho mai creduto troppo negli uomini.
— E nemmeno io — dice seriamente il dottore.
— Davvero? Non era anche lei uno dei credenti nei felici destini umani? o, da quando ha perso la sua fede?
— Da quando ho assistito al teatro del Popolo ai drammi di Sofocle e di Eschilo.
— Eh?
— Ma già! Quando ho visto che gli uomini di duemila e cinquecento anni fa ragionavano come adesso, ho detto: e allora dove è il progresso? Addio fichi!