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102 | il romanzo della guerra |
bile popolo! «L’ora della Taube» come si dice, «l’ora del the».
Un’elegante donna parigina dice alla compagna: — Cochon d’alboche, il fait caca sur nous!
Ma Gabriele d’Annunzio è ormai legato alla mola perpetua della letteratura! Una bella disgrazia per un uomo di ingegno così portentoso!. In altre Faville del maglio, datate da Parigi, descrive: «la cortigiana abbandonata dal mantenitore su gli alti tacchi con un gioco sapiente di ginocchi e di lombi nella gonna stretta, lungo le botteghe chiuse, sotto l’ingiuria delle oneste portinaie, già pronta ad accogliere il dragone bavaro o l’ussero della morte.»
Dice anche cose note con parole ignote per il loro fulgore:
«Dove il carnaio si disolve, quivi nascono i fermenti sublimi. Dove si sprofonda il peso mortale, quivi la libertà dell’anima si leva. Quanto più larga sarà l’offerta, tanto più alto sarà il prodigio».
Ma l’ha già detto Cristo: Sine effusione sanguinis non fit remissio.
L’uomo saggio e ben nato, o Poeta, anche nel giorno più sereno della sua vita, deve domandarsi: Temerai tu la morte? Noi non rifiutiamo la guerra e la morte, ma glorifichiamo una più alta lode della vita. Altra Laus vitae!