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Beatus allora si accorse che quel giovane parlava con una sua amarezza, con una sua ironia. Voleva domandare: «perchè parla così? si è fatta morire più gente che non fosse necessario?», ma ebbe paura della sua domanda, e il giovane la troncò in sul nascere con un gesto che significava: «non ne parliamo», oppure: «che può capirne lei?».

La tristezza del giovane contrastava con la follia dei tre compagni, e sorprendeva anche come egli si prestasse a far da sentinella a quella loro follia. Beatus domandò, indicando il gabinetto:

— Sono suoi amici?

— Ci siamo conosciuti in viaggio.

— Molto allegri.

— Così! Due vengono dal Grappa; l’altro, quel siciliano biondo, con l’aquila d’oro, è uno di quelli che la notte stessa in cui gli austriaci fecero strage su Padova, per rappresaglia volarono su Innsbruck e fecero anch’essi strage.

Beatus non sapeva questo. — In fatti — disse il giovane — la censura ne vietò la comunicazione ai giornali, tanto più che la cosa