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Capitolo V.

Fragole e ale di pollo.

Erano le undici e mezzo, e nella sala da pranzo non c’era nessuno ancora, fuorchè Giggia, la profuga dai chiari occhi idioti. Ella, senza pudore, essendo già l’ora di servire in tavola, infilava i suoi piedi nudi nelle calze.

— Voi che state facendo? — domandò Pasquà a Beatus.

— Caro Pasquà — rispose Beatus —, vorrei fare colazione, e mi è sembrato di sentire dalla cucina un odorino di brodo. Avete messo un pollo nella pentola?

Ce steva — disse Pasquà — ma sono venuti due operai e se l’hanno magnato.

— Due operai hanno mangiato un pollo?

Eh, caro signore — rispose Pasquà — mo’ i polli li magna chi lavora.

E allora entrò Carmè, la bianca, con un cestello di fragole.