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divorato se stesso. La scienza ha trovato uno di quei nomi nuovi di cui lei parlava poco fa al caffè: atrepsia.
Scolastica, posata a lato del letto, scoprì la faccia ebete e guardò le parole del dottore.
— Quella è la madre? — domandò il dottore.
— El me putelo, — disse quella voce.
Il dottore se ne andò, e Beatus lo accompagnò alla carrozza.
Beatus ritornò su lentamente.
Entrò nella stanza.
Egli era appoggiato alla bella spalliera del suo bel letto, davanti al pitecantropo. Quel suo spasimo si era come acquetato davanti al pitecantropo.
Contemplava.
Gli parve di essere proceduto avanti degli altri uomini, e di essere arrivato in vista di un oceano. E qui conviene sostare.
Le voci degli uomini gli parvero come un pispiglio lontano, lontano. Le parole di scherno che si erano posate su lui, ora si sollevavano lontane. Anzi gli parve cosa bella e onorevole essere schernito. E proferì queste strane parole: