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E Beatus vide le parole del poeta, che correvano alate:

«La forza dell’uomo rapisce la tenera vergine. Già appare la sposa novella. Cinta ha la testa di maggiorana; ha il giallo manto, e il piede di neve è retto dal rosso calzare. Le fiaccole nuziali, nel vespero, scuotono le chiome d’oro.» Canta, per la notte, il grande inno d’amore! Ma l’impeto d’amore trapassa e si placa per la fecondità e per la prole come per attimi meravigliosi: «O uomo, io voglio che un pargolo, dal grembo della madre sua, porgendo le tenere mani, a te dolcemente sorrida dal semiaperto piccolo labbro».

Lì era il padre che respingeva il nascimento; la madre che guardava quel nascimento come un tumore, di cui aveva chiesto al medico l’estirpazione.

«Beatus — disse il campanelluzzo a Beatus — bada che allora si trattava di popolare il mondo, e oggi siamo in troppi».

— E adesso come si rimedia? — domandò Beatus.