Pagina:Panzini - Il mondo è rotondo.djvu/112


— 100 —

di parole. Beatus ciò detto, aprì una finestra che dava su una terrazza.

Qui nuova sorpresa lo attendeva: non trovò più il gallo.

L’anima di Beatus Renatus spesso vigilava la notte. Questo vigilare dell’anima, se può essere una bella cosa quando il corpo giacerà nella bara, diventa una cosa seccante quando il corpo giace nel letto, specie d’inverno che tutto è ancor buio. Ora il gallo col suo canto illuminava la notte; ed il suo canto per quanto diverso, è come quello del rosignolo. Scolastica voleva pur bene al gallo, e sovente lo accarezzava presso alla guancia e gli diceva: «Cocco mio, quanto bene ti voglio. Domani ti tirerò il collo». La qual cosa mai Beatus non volle: non per morboso affetto verso le bestie, ma per suo egoismo. Gli avrebbe dato melanconia veder quella gaiezza del collo eretto del gallo, pendere giù, spennato pallido nella morte, da un uncino della cucina.

Lo aveva osservato nel canto. Come uno spasimo esce il suo canto. Quel suono, quel suono rauco, insistente, luminoso, prima del sole, che si affievolisce poi in una sconsolata tristezza! Che cosa ne sai tu, o gallo?