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volti dei soldati. Gli parve che quelle parole della gente dovessero essere intese, e attraversare quella fila ordinata, e sconvolgerla.

Invece di appressarsi, ora, Beatus voleva allontanarsi: si sarebbe allontanato quando tutta la fila fosse passata. Ma non finivano più. L’arco in fondo li vomitava, l’arco romano. Si sentiva nettamente il percuotere delle scarpe ferrate, come una forza, già impressa, di ritmo che trascinasse tutta la fila. Il silenzio degli uomini diceva, indietro! Quel ritmo diceva, avanti!

Beatus guardò su in alto per vedere se c’erano dei fili che movessero gli uomini. Forse ci sono, ma così invisibili che non si vedono.

Allora anche Beatus si avvicinò ai soldati e stupì. Non erano soldati; erano tutti i ragazzi dell’ultima leva. Sotto l’elmo di ferro si profilavano volti di adolescenti. Volti terrei un po’, rigati un po’ di sudore, il respiro un po’ anelante: nessuna espressione. Tutti un’uguale espressione un po’ abbacinata. Forse il gran sole, la gran fatica, la gran polvere bianca. Gli stinchi, stretti nelle fascie, erano tutti bianchi. Gli ufficiali che guidavano i