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— A quest’ora? e dimmi: è molto che non lo vedi? — dimandò G. Giacomo.

— Sono andato a trovarlo questa Pasqua, se ve ne ricordate, che rimasi assente più di due settimane. Non ne potevo più di rivederlo e farlo un po’ divertire. Tutti i suoi compagni escono la festa con i loro parenti, e allora lui rimane sempre in collegio solo. —

— E non si è lamentato, non ti ha detto che vuole venire con te? che non vuol più stare in collegio?

— No, perchè egli capisce che tutto è per il suo bene. Però mi ha fatto pena quando l’ho visto! Figurati un gran stanzone da studio con dentro più di cinquanta ragazzini, tutti zitti e curvi su i loro libri che si sentirebbe volare una mosca. L’hanno chiamato, ed ho visto quella sua povera testolina bionda levarsi dal banco come meravigliata: guardò attorno, mi riconobbe, mandò un piccolo grido e corse ad abbracciarmi e poi si mise a piangere.

Dopo diventò tutt’allegro, e mi ha fatto vedere il suo letticciuolo, piccino, freddo, nel dormitorio,