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ed accarezzava con la mano callosa una bella testa bionda di giovanetto che gli sedeva appresso. Di quest’uomo conviene parlare alquanto.

Egli era stato un cospiratore e un combattente de le prime rivoluzioni italiane; uno di quelli che erano chiamati atei, volterriani, carbonari, nemici del trono e de l’altare. Voci male appropriate, almeno per questo nostro personaggio; perchè egli avea semplicemente in cuore la fede de la patria, fede giovane, viva, eroica!

Pregava Dio per la patria, congiurò anche con Francesco di Modena per l’unità de la patria.

Questa ridente idealità d’una gran nazione italiana si congiungeva fatalmente nel suo pensiero a tempi ed a vicende lontane: fin da quando Romolo sul boscoso Aventino segnava i limiti del tempio per trarre gli auspici di Roma futura; fin da quando Petrarca piangeva e fremeva sui volumi dell’antica sapienza latina; fin da quando Savonarola predicava al popolo di Firenze la buona novella di virtù e di amore! — e queste memorie erano circonfuse d’un’aureola immanente di gloria, e di questa gloria niuna interruzione v’era stata;