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Teocrito, più non osavano di spingere il fiato ne le loro zampogne.
G. Giacomo s’avviava piano piano per il solco, come ammaliato al fremere attorno a sè del gran poema de la vita: — quei grappoli sarebbero diventati vino, e quelle spighe sarebbero diventate pane: egli, la sua famiglia, i suoi coloni, i suoi poveri ne avrebbero avuto nutrimento per tutta l’annata: le lucciole di maggio danzano, s’addormentano attorno a le spighe: le donne vegliarono sino a notte tarda ad impastare ed intridere la farina ne la madia. Disposero la pasta con un segno di croce e al mattino si levarono anzi l’alba per fare il pane: divampò il forno sotto le fascine crepitanti e ne uscì il pane profumato, bruno, caldo per la mensa quotidiana.
Dopo morte segue pur lieta la vita vicino a Dio! e qui in terra i suoi figliuoli sarebbero vissuti così come egli era vissuto; e poi sull’alto del colle vicino s’incoronava il cimitero col suo muricciuolo bianco e quadrato e i suoi grandi cipressi: ivi anche questo povero corpo ci doveva riposare bene, quando l’anima fosse presso Dio! —