Pagina:Panzini - Il libro dei morti, 1893.djvu/49


— 45 —

roso dell’opimo autunno. L’inverno pur esso giungeva gradito; perchè, se la neve inalbando tutto all’intorno la campagna, impediva d’uscire all’aperto, allora ben dolce cosa era lo starsene in casa, quando i sarmenti ardono e crepitano fra le pareti candide e la pentola borbotta e le giovenche ne le stalle mugghiano.

Ma in quella villa, posta, come è detto, su l’alto di un colle, mirabile era a vedere il sorgere del giorno al buon tempo d’aprile. Dietro gli olivi montava il gran mare e si scopriva tutto il cielo; e su per il cielo saliva l’aurora con tale intensità di luce e di tepore e per tutta l’aria si stendeva un profumo di fiori e di mare, che G. Giacomo contemplando e recandosi a mente gli antichi poeti, sentiva che egli pure non avrebbe potuto altramente concepire l’aurora che come una dea la quale sorge giovane e ridente su per il cielo e con le dita di rosa lo apre al sole. Ma una deità era certo, qualunque fosse il suo nome ed il suo tempo, perchè in quelle giornate ogni semplice opera de la vita gli sembrava piena di festa: allora lucevano più vivi gli occhi de la