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cui filtrava un filo di luce, e vide il babbo al suo solito posto su la poltrona.

Stava per dire: — Toh, perchè non risponde? — quando s’avvide che e’ non s’era neppur mosso al rumore dell’uscio e al suo avanzarsi.

Si fermò e vide che gli occhi (la luce d’una lucernetta ad olio gli batteva sul volto) erano aperti ma immoti, la bocca lievemente storta ed un braccio penzolava giù da la seggiola.

Mandò un urlo, abbracciò il babbo, lo scosse, lo chiamò: ma quegli girava il suo occhio vitreo e la bocca storta senza altrimenti dar segno di vita.

Era rimasto lì stecchito su la sua seggiola, fra i suoi scaffali, mentre di sopra il cavolo si coceva a la viva fiamma dei sarmenti e l’orologio batteva il suo tic-tac de la vita e de la morte.



G. Giacomo stette più di un anno come insensato; e quando si riebbe da quel suo gran dolore, gli parve così increscioso lo stare come l’andare.