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tino avrebbe anche per lui stagionato il vino per l’annata, mentre l’orologio non cessa di battere il suo tic-tac monotono, ne la pulita stanza da pranzo, odorosa di mele cotogne che fanno bella mostra di sè ne le vetrine de la credenza.

Era già tutto pronto per il viaggio: la biancheria, gli abiti, i libri. Un lontano parente che dimorava appunto a Bologna, avea risposto ad una lettera mandata prima dal babbo, che gli sarebbe stato assai caro ospitare il giovane, anzi ne avrebbe tenuto conto come d’un figliuolo, ed aggiungeva che da quel momento metteva a sua disposizione una cameretta con tutto il bisognevole: ed erano state fatte le raccomandazioni e gli avvertimenti d’uso, e non mancava altro che stabilire il giorno ed il posto su la corriera; quando in una sera di novembre la signora Claudia (così si chiamava la zia) stava allestendo la cena e coceva sul focolare, ad una bella brace grande di sarmenti, in un caldaio, un cavolo, e G. Giacomo conversava con la buona zia e si scaldava ora il dosso de le mani ora la palma a quella fiamma, perchè il dì era stato rigido e nebbioso.