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La zia badava a la cucina, al pollaio, a la cantina, a fornire d’olio le lampadine ai santi, a regolare i pesi dell’orologio a muro ne la stanza da pranzo, a rammendare la biancheria ed a farne di nuova — e ne avea riempite certe arche di rovere da fare invidia a qualsiasi massaia; e diceva al fratello:

— Questo tuo ragazzo dovrà pure prender moglie ed allora sarà bene che abbia quanto è necessario per la casa.

Ma il babbo che si sentiva oramai pesare gli anni addosso, disse un bel giorno al figliuolo che sarebbe stato bene che fosse andato a Bologna a studiar da notaio: essere stanco ed avanti con gli anni e lui poter proseguire onoratamente la professione paterna. G. Giacomo rispose di sì: avrebbe studiato a Bologna; ed ottenuta la laurea di notaio e ritornato in paese, sarebbe vissuto in quella casetta: poi, morto il babbo, egli si sarebbe seduto su quel seggiolone di cuoio a stendere rogiti, fra quelle pareti coperte di scaffali, di libri tarlati e di scartafacci ammuffiti. La sera sarebbe andato a fare le sue chiacchiere a la farmacia e il vecchio

Il libro dei morti — 3