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giocavano a rincorrersi, a nascondersi dietro i cespugli, o a finte battaglie fra i Romani ed i Cartaginesi; e che pugni fissi menava allora G. Giacomo, e come i Mauri ed i Numidi si ritraevano in isconfitta sotto l’impeto giovanile dei militi romani!
La sua coltura era povera cosa: quella che s’imparava ne’ seminari d’allora; ed egli attendeva con passiva e volonterosa obbedienza a quello che gli insegnavano i maestri, senza stare a discutere seco stesso o con altri se fosse utile, vero o completo quello studio.
Era anzi divenuto un buon scolaro di retorica e scriveva i suoi latini con una certa rotondezza di frasi che pretendevano d’imitare la fine euritmia ciceroniana. Le sue argomentazioni, basate su vecchi sillogismi e che si reggevano più per il legame dei periodi che de le idee, le interrogazioni infarcite di utrum, di ne, di quid, i giri dell’orazione che terminavano con un bel esse videatur in fondo, riscotevano il plauso de’ condiscepoli e la lode dei maestri. E si leggeva molto latino in quelle lunghe ore di scuola: scuole vecchie e si-