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tutta coperta e goffa sotto un gran scialle di maglia che le s’incrociava sul petto e si annodava a le reni.
Ambedue facevano un gran soffiare su di pochi carboni male accesi.
Quando sentirono il passo d’un uomo fermarsi dietro di loro, si voltarono; lo spazzacamino con una bella faccia tonda e rossa come una mela settembrina, la bimba con due occhi vivi e più sdegnosi che meravigliati de la indiscreta curiosità di quel signore.
Domandò: — Che fate lì, bambini? —
Rispose lo spazzacamino con voce un po’ timorosa:
— Accendiamo il fuoco. —
— E chi te lo ha dato il fuoco? —
Allora la bambina si levò, ritta su quei due stecchi di gambe, e con voce piuttosto insolente, torcendo e levando in su il volto per fissare quell’uomo, rispose:
— Glielo ho dato io, proprio io, perchè si scaldi che ha freddo. Ciao. —
Quest’ultima parola rivolse la bimba al suo