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colli e le montagne del suo dolce paese; davanti si stendevano terre di un’Italia per lui inesplorata.

Quella macchina che si sentiva asimare col suo convoglio nero e breve, rimbombava fuggendo dinanzi a le stazioni dei piccoli villaggi e de le borgate, attraversava rotaie con fragore violento e sicuro, si lasciava dietro di sè lunghi traini di merci e gli occhi spalancati dei buoi, sporgenti il muso e le corna fuori de gli sporti de’ carrozzoni ove erano stivati. Rombava sui ponti, sibilava strisciando in vicinanza de le stazioni maggiori e vi si arrestava per pochi minuti, come sdegnosa e impaziente di proseguire la sua corsa.

Il nuovo viaggiatore si sentiva, a poco a poco, i pensieri confondersi in un vago assonnamento e come vinto dal piacere di essere trasportato a furia per lande, su per erte, giù per declivi tortuosi, o entro gallerie cupe e sonanti.

Passò la mattina, il meriggio breve: il sole piegava verso occidente.

Gente nuova montò: parlavano nuovi dialetti e que’ suoni gli facevano venire in mente il suo paese con gran desiderio.