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mortale soltanto, il solo Endimione, ebbe la ventura di essere baciato da Diana.

— Oh, luce mia, — esclamava, — oh, candida Dea, oh, veneranda Signora, oh, Lesbia divina! — e altre sciocchezze diceva. A chi diceva? a Diana? a Saffo? alla Dama? La grande dama romana, sposa del console che è signore di Roma, che ha tanto corteo come Diana ha di ninfe.

Voleva solamente lei, e nel tempo stesso gli pareva che toccata appena, dovesse dileguare, e rifiutare creatura mortale. Attraverso gli occhi era penetrata la concupiscenza di quella donna, poi attraverso il naso, poi attraverso gli orecchi, e ne era colmo come talvolta è la terra per certi fiumi strani che vi si inabissano e formano paurosi torrenti. Le altre fanciulle entravano e uscivano piacevolmente dalla sua giovinezza. Gli altri due sensi, il gusto e il tatto, rimasti insaziati, spasimavano. Di soddisfarli non aveva speranza e lei sola domandavano.

Catullo, Catullo, non avevi una mamma che ti dicesse: «Bada, figliolo, a quello che fai»?

Egli era solo.

È la madre che si accorge di queste sofferenze e perturbazioni nei figli. Essa li ha generati per effetto a sua volta di una sua perturbazione; e perciò non li può, non li sa