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VI
PER LA VIA APPIA
a quel giorno uno strano malessere si impadronì di Catullo.
— Non ridete, Catullo? — gli domandavano gli amici.
Fuggiva gli amici : viveva in un suo pensiero. Graziose fanciulle gli fecero cortesi inviti. Rispondeva con male parole.
— Eri tanto gentile, — dicevano, — e ora ti sei fatto ben scortese. Ti ha morso la tarantola? Hai visto la versiera?
Incontrò Ipsililla e si gli disse:
— Catullo, la porticina di casa mia dopo mezzodì è sempre socchiusa. Ogni giorno io ti aspetto e sono sola, e tu non vieni. O com’è? Ti ha preso la podagra o la mentulagra?
Ipsililla era quella cara, quella graziosa fanciulla, non di severe virtù, ma tanto piacevole, tanto arrendevole che lui la chiamava «pupattola, bambolina mia», come oggi dicono Dolly, per vezzo.
A questa fanciulla lui, già tempo, aveva mandato un biglietto che intero non si può riportare per tante giuste ragioni, e anche per