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sospetto che la poesia fosse pericolo pubblico, non pericolo privato in quanto non sapevano che la poesia gènera pathèmata, paturnie, aegri somnia, allucinazioni, squilibri, neurastenie e altre cose nocive alla salute.

Cicerone non aveva attaccato di fronte il diritto: lo aveva aggirato con una manovra di cavalleria fantastica, e aveva riportato vittoria.

In quel giorno però avvenne qualche altra cosa che non il riconoscimento e la conferma di Àrchia a cittadino romano!

Perché la difesa che Cicerone fece di quel mediocre poeta d’Àrchia segnò come la consacrazione della vittoria spirituale dell’Ellade, come dire che la poesia greca a bandiere spiegate era entrata in Roma. E Orazio, dopo qualche tempo, « pigliava atto », sia pure con malavoglia, di questo avvenimento quando dichiarò che gli Dei avevano concesso ai Greci molto ingegno, molto bella parola, e una potenza di fantasia che è dovere riconoscere.


Cicerone fu portato a casa a braccia di popolo dal vento della gloria e dall’entusiasmo di quei giovani.

La sua casa era situata in uno dei punti più belli di Roma: sul Palatino, e se l’era fatta lui per sé e per i suoi.

Tornando a casa dopo le sedute del Senato