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il bacio di lesbia | 217 |
sare: è il piè lieve di lui, che, come arcangelo, sorvola la terra.
Gli amici pure parlavano di Cesare e dicevano indicando i tenebrosi monti:
— Tu passi quelle Alpi, e Cesare è là.
Come una ottenebrazione era nella mente di Catullo. Stava ogni tanto per interrompere quei discorsi, e voleva domandare: «Come avviene, o amici, che Cesare sente questo fremito di vittorie e di battaglie, questa continuazione della vita, lui che è già avanti nella vita, e io che non ho raggiunta la metà della vita, sento questa indifferente stanchezza?».
E Catullo parlò e disse:
— Allora dei tre della lega, Cesare, Crasso e Pompeo, Cesare sarà l’imperator.
— Così qui si sente più che non si dica perché Crasso non è più: Crasso dorme nella terra dei Parti. Dicono che quei barbari lo hanno imbalsamato con una colata d’oro in bocca. Però è morto da prode, lui e suo figlio. Rimane Pompeo in Roma, ma non oserà, perché Roma è qui dove è Cesare.
Catullo si ricordò quando per dileggio aveva chiamato Cesare imperator ùnice.
— Bene! — disse ancora la voce di Catullo, — che c’è di nuovo a Roma?
— Ma come è possibile. — uno disse. —