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XXXIV
QUID NOVI DA ROMA?
Catullo guarda intorno e dice:
— Chi si vede? Tu, Cecilio? Da Como sei venuto a trovarmi? Grazie. Hai preso moglie? Una brava figliola, m’han detto. Hai fatto bene. È un magnum sacramentum, e io devo essere excomunicatus. Vienmi spesso a trovare o io vengo da te a Novi Comum. Scriveremo cose serie, non nugelle o facezie. E Manlio? È vero che gli è morta la buona Aurunculeja? Questo mi fa tanto dispiacere. Povera Vinia Aurunculeja! Pareva il fiore del giacinto. Ma è destino delle rose e dei giacinti finire cosi. Nemmeno il pargoletto le è nato? E Licinio Calvo?
— Male fine, Catullo.
— Questo mi addolora molto. Ma quid novi, da Roma? Io non ne so più niente. Per due volte il sole ha girato per tutti i mostri dello Zodiaco, e io non ne so nulla. Eravamo cosi lontani, proprio là dove Elle, povera fanciulla, precipitò dal cielo nel mare, e dove Icaro si staccò dall’aerodromo di Creta: paesi pieni di incantesimi e dove, a non stare attenti, si rischia di perdere il senno.