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il bacio di lesbia 211

— Mai più, mai più! Ora ho messo proprio giudizio. Buoni servi, brava gente. Hanno rispettato le cune e le tombe. Perciò voglio che facciate festa perché il padrone è ritornato.


Oh, incantevole Sirmio!

Maggio sul finire, oppure giugno sul principiare, splendeva sul lago di Garda. Ogni giorno gli pare più bello il paese natio. Con stupore si domanda: «Perché e quando io mi partii da qui?».

Il lago che dilata nel verde piano come una corolla bipartita di fiore, pare un mare; poi si restringe e incupa fra pareti purpuree dei monti per penetrare in Lamagna.

Fra l’una e l’altra di quelle dilatazioni cilestrine del lago, si spicca, dritta come pistillo, quella freccia di terra che poi forma Sirmio: gentilezza delle isole e delle penisole. Li sorge la casa di Catullo. Gli olivi la ombreggiano. Quivi ha principio l’Italia, qui appaiono agli stranieri i grandi occhi neri delle donne d’Italia, qui fiorisce il cedro e verrà giorno che un poeta straniero, qui discendendo, canterà lui pure l’immortale canzone fatta anche lei di nulla: «Sai tu la terra ove fiorisce il cedro?».


«Dolce casa, cara casa dove vissero il padre e la madre! Alla casa dei padri siamo ri-