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serpenti; balzò al tepore del tempo nuovo il cuore di Catullo, e gran desio gli viene di volar via e visitare il mondo. Presto, presto! Andiamo a vedere il mondo.

Perché il mondo è cosi bello, cosi elegante, cosi puro, come hanno detto i Greci che lo hanno chiamato «cosmos» e i Romani lo hanno chiamato «mondo», che pur vuol dire: adorno e bello.

Visiteremo, lui dice, le luminose città dell’Asia: claras Asiae urbes!

Sorgono quelle città a specchio dei mari; hanno templi e edifici armoniosi, sorretti da colonne umane e fiorite. Visiteremo Lesbo, dove la divina Saffo commosse col plettro le corde della sua cetra armoniosa. Visiteremo Ilion dove Eléne trasse dietro il suo peplo gli uomini in lunga battaglia. Vedremo Rodi dalle fresche sorgenti dove il cielo non è mai nuvoloso. Le vie e le mura di Rodi non hanno al mondo chi le pareggi. Alta di settanta cubiti si eleva la statua di Apolline. Vedremo Creta coi boschi di cipressi avidi di sole. Vedremo Sibari e Metaponto, città fiorite. Risaliremo l’Adriatico dove l’onda profonda ricama isole e costiere: arriveremo alla città di Spina dove i beati Etruschi mangiano grasse anguille e vuotano anfore elleniche di vino di