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204 | alfredo panzini |
Questa concordanza dei poeti è veramente cosa molto triste.
Bella città è Nicea, capitale della Bitinia, non lungi da Ankara: fertili sono i suoi campi. A cambiare aria gli ha fatto bene.
Però in Oriente l’estate è assai calda, la primavera è precoce e il tempo equinoziale ventoso è volubile più di Catullo. Ma appena i venti e le piogge equinoziali passarono, ecco Zefiro passeggiò sul mondo, sfiorò la terra, e apparve il sereno.
Balzarono allora dal cuore di Catullo alcuni versetti esultanti e palpitanti come mai ne ebbe la Primavera in suo onore.
Quei versetti saltellano nel ritmo stesso della canzone sul passerotto morto: Jam ver egelidos refert tepores.
E vi si racconta che Zefiro ha imposto silenzio alle furie dei venti equinoziali.
Questo Zefiro, o Zefiretto, oggi ha un sapore stantio della vecchia Arcadia, si che nessuno lo nomina più; ma duemila e più anni fa, era un venticello che volava allegro con due ali di farfalla, per scongelare la terra, con un paniere pieno dei fiori della primavera, e al suo alitare maturavano le sementi e le spighe.
Forse era mandato dalla Dea Cibele.
Il tepore ridesta persino gli addormentati