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sveglio del giovinetto Attis, ha commosso anche me. E la commozione patetica non è il mio forte! Donna però sempre io sono, e perciò credete che non Saffo di Lesbo avrebbe potuto scrivere quei versi: ci voleva un uomo! Intendetemi bene: un vir! Non il povero Attis, autolesionato. Attis fiore del gumnasio! Nella palestra pur delle Muse l’uomo nulla vale, se altrove non vale. Il cinedo lussurioso e decadente, che non è né femina né vir, voi a ragione lo disprezzate perché le Muse stesse lo disprezzano. Io vi trascrivo questi vostri versi affinché voi li leggiate come se non fossero di voi. E se questi versi arriveranno agli immortali Iddii, potrebbe davvero avvenire che essi meditassero un po’ su la loro vita spensierata e sopra la sorte dei mortali: come fa mio fratello Clodio, furibondo fin che volete, ma che si è presa la missione di suonare la tromba del risveglio ai beati nel triclinio della vita. Aprite questa cassetta di cedro: vi troverete i versi che ho di mia mano trapunti su bisso e con filo d’oro».


E i versi trascritti da Clodia erano questi che qui seguono: «Ma quando il sole dalla faccia d’oro col raggio delle sue pupille percorse l’etra albeggiante, e la. terra che immobile sta, e il mare che ondeggia in tempesta, e gli