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XXIX
UNA LETTERA DELLA SIGNORA
a Signora allora gli mandò a dire per lettera che il canto di Attis le era piaciuto molto. E poi diceva cosi: «Ma quale lugubre fantasia vi è venuta, amico mio? Il vostro canto di Attis non è un esercizio alla moda dei nostri cantores: è una cosa terribile e seria, e per questo vi scrivo; ma prima lasciate che vi dica che voi, per misere piccole cose, vi siete sdegnato a torto con me, e non mi volete più vedere. Fate come vi pare. Io però vi devo dire che voi avete sempre in me un’amica sincera, più sincera di certi vostri amici. Ve la siete presa per i codicilli che non vi ho voluto più restituire? Se non foste stato esaltato come Attis, vi sareste risparmiato certe parole e avreste capito, o ingrato uomo, che quel rifiuto era motivato da amore, per voi, e nient’altro. Per il resto, io rimango Clodia e non scendo a giustificazioni. La poesia di Attis naturalmente non me l’avete mandata e ho dovuto mandarla a comprare io dal libraio. Vi dico che è ima cosa grande di cui forse voi stesso non ne avete l’idea. Voi siete veramente vissuto nel furore