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il bacio di lesbia | 161 |
I versi allora presero una intonazione di scherno e ricantavano: «O, pudica, o virtuosa, o proba puella, ti preghiamo: restituisci a Catullo i suoi codicilli. Restituiscimi almeno la poesia di Settimillo! Pensa che lui è morto per te».
— Cosi è morto per qualche cosa —, rispose lei.
Allora Catullo le si avventò.
— Badate, Catullo, — lei disse con molta calma —, che mi fate male e mi storcete la mano.
Piangeva ora Catullo come Filottete e nel pianto diceva:
— Tu non sei più la mia puella, non sei più la veneranda, non sei più la mia luce, Lesbia mia!
E lei dice:
— Te lo sei inventato tu che io son Lesbia: io son Clodia. Lesbia e Clodia, per quel che io mi intendo, ti servono lo stesso in prosodia! O Cato, Catulle, tu non ti conosci mica, sai. Tu dici che io sono cattiva. Cattiva io? Ma no, Catullo. Tu piuttosto sogni. Vuoi che io sia Clelia che passò il Tevere a nuoto? Troppi ponti permettono ora il passaggio sul Tevere, e la statua equestre di questa fanciulla, su la via Sacra, nessuno più la guarda. Vuoi tu che io sia Lucrezia, che si uccise di sua mano u.