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160 | alfredo panzini |
suoi versetti non cantano tutti a ritornello?
Ora vi insegnerò io nuova canzone.
«All’arme», grida, «o versi miei, formate falange, formate legione ! Sorgete, endecasillabi miei, quanti siete, quanti vi trovate in giro e andate tutti insieme da quella traditora svergognata che mi deride, e non mi vuol dare indietro i miei versi, i miei bigliettini, i miei codicilli. La poesia di Settimillo la voglio indietro».
— Cosi bella, — dice lei —, è quella poesia di Settimillo: «Settimillo, beato, si tiene in grembo Acmene», che mai ti renderò quella poesia.
— Allora, o Muse, — dice Catullo —, cominciate il canto pastorale.
— All’assalto, all’assalto, — grida Catullo ai suoi endecasillabi. — Circondatela e gridate tutti quanti in coro: «Puttana marcia, restituisci i suoi versi a Catullo; restituisci marcia puttana i miei codicilli ». Alzate più forte la voce e gridate di nuovo e a ritmo: «Puttana marcia, restituisci i codicilli! Restituisci, marcia puttana, i codicilli di Catullo!».
Catullo, come un direttore d’orchestra, segnava il tempo ai suoi versi.
— Non c’è niente da fare. Questa donna è pietra. Provate, endecasillabi miei, a mutare voce e modo. Vediamo se giova a qualche cosa.