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140 | alfredo panzini |
Cicerone fu richiamato in patria a grande onore. (Ciò che non sarebbe potuto avvenire se fosse stato condannato a morte.) In quella occasione, Cicerone perorò «prò domo sua»; e la sua casa fu ricostruita, i suoi beni restituiti, ma non per questo cessarono le persecuzioni di Clodio contro di lui. Questo odio di Clodio è fra i più misteriosi che la storia ricordi. E fa meraviglia come facesse Cicerone a studiare, pensare, scrivere, conversare in Senato con questa minaccia continua. Non sapeva se la notte avrebbe riposato si o no nel suo letto. E tutto dà a credere che sarebbe morto ammazzato fin da allora, se nei momenti in cui appariva Clodio a capo dei suoi armati rossi, non fosse apparso il fido Milone tribuno anche lui ma amico di Cicerone, a capo dei suoi armati bianchi.
Questo Milone non che fosse il famoso Milone, atleta di Crotone; ma era un uomo vigilante e che faceva paura.
E la legge? Le guardie dell’ordine?
Doveva essere un’atroce mortificazione, un poema di scherno per un uomo come Cicerone, per un filosofo che scrisse tante belle cose su la maestà delle leggi, e, diciam pure, per un avvocato che si era formata una coscienza giuridica, avere salvaguardata la vita