Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
102 | alfredo panzini |
— Faccio la corte alle femine, e non ai maschi, io!
— Bravo! È quello che mi ha detto la mia sorellina. Ma Cesare lo conoscete?
E Catullo rispose:
— Fu una volta ospite a casa nostra. Me ne ricordo appena, ché io ero allora bambino. Solo ricordo che le vivande col burro non gli piacevano: disse che era condimento da barbari: lui era usato all’olio.
— Molto olio infatti, — disse con strano riso Clodio: — tutto spalmato d’olio! Non sai come prenderlo. Ma lo prenderemo, lo prenderemo !
E Catullo disse:
— C’è chi lo chiama angelo, c’è chi lo chiama demonio; ma a me non importa sapere se è bianco o nero, se è angelo o demonio.
— Lo sappiamo, — disse Clodio —. Voi, o Catullo, vivete nella torre eburnea della poesia. E allora passiamo ad altro. Avete patrimonio? Avete ville? Avete praedia? Avete oro ed argento? Siete ricco di positis in foenore nummis? Sventura a voi!
— Mio padre, — rispose Catullo, — mi ha lasciato da vivere con ozio e dignità; ma perché dite: sventura a me?
— Perché più grasso è il patrimonio e meglio se lo mangiano. Hanno mangiato venti