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Ars | — 25 — | Art |
per thesis s’intende il battere e per arsis il levare della battuta.
Arsenalotto: operaio dell’arsenale.
Articolista: «accettata la parola articolo nel senso di breve trattato o scritto inserito nel giornale, non si vede perchè devasi rifiutare la voce Articolista.» così il Rigutini e non ha torto. Certo è voce che suona non bella.
Articolo: non è qui il caso di esporre le spiegazioni che su l’uso dell’articolo dà ogni grammatica. Noterò soltanto che l’uso dell’articolo, già di per sè difficile è in questi tempi reso anche più. difficile per l’anarchia che regna nel parlare e nello scrivere comune. L’anarchia in fatto di lingua, cioè poter dire e scrivere come si vuole, è segno indubbiamente grave. Parti importantissime del discorso, come articoli e preposizioni, le quali sono, per così dire, i perni su cui girano le parole, devono, quanto più si può, essere fisse da regole determinate e costanti. Detto ciò, accenniamo ad alcuni errori od incertezze comuni. Regola generale: l’articolo ha valore determinante: ecco perchè il cognome che esprime la gente, dovendo significare un individuo di essa gente, riceve l’articolo: il Petrarca, il Tasso etc. Tale norma oggi è osservata a casaccio, e, se non erro, l’articolo tende a scomparire. Così lessi nei giornali: il Novelli inaugurò a Roma la casa di Goldoni e non del Goldoni, e l’errore — se errore — passò inavvertito. Taluno ha osservato: noi mettiamo l’articolo davanti ai nomi illustri e ommettiamo davanti ai nomi comuni. Ma anche cotale regola, che sarebbe del resto assai arbitraria e bizzarra, non è mantenuta. Si intende però che «ci sono eccezioni, pe’ cognomi divenuti per una specie di antonomasia popolari quasi nomi propri di persona, come (Garibaldi, Giusti, Leopardi, Cavour, Mazzini; e così a volte per ragioni di stile, come quando nel capitolo XXX dei Promessi sposi sono indicati con una metonimia i reggimonti che passano di mano in mano il ponte di Lecco; ovvero infine per segno di amicizia e familiarità. Ma in tutto il romanzo, e specialmente ne’ capitoli XXVII e XXXII, dove son noverati tanti dotti, il Manzoni a’ casati premette sempre l’articolo. Sia come si sia, quest’errore s’incomincia a sentire soltanto lungi dal Tevere e dall’Arno: e mentovare illustri viventi e persone di conto e d’autorità senz’articolo, come si farebbe per indicare un compagno di scuola, pare a me un metterci tutti in un mazzo, a tu a tu, non bella creanza, anzi talora una sgarbatezza.» Romanelli, op. cit. | I nomi propri d’uomo non ricevono articolo. Il Carlo, il Luigi etc., sono locuzioni lombarde non però con tutti i nomi. | Co’ nomi di donna si può premettere e tralasciare l’articolo. Certo è che nella nobile prosa e trattando di donne di gran rinomanza e rispetto i buoni scrittori non ponevano articolo. | A proposito di nomi propri e di anarchia di linguaggio notiamo che oggi non solo negli uffici ma anche nelle scuole, prevale l’uso brutto di mettere prima il cognome e poi il nome. Così dicesi e scrivesi Brambilla Cesare e non Cesare Brambilla. Ma se si tratta di persone note e di qualche levatura allora compare prima il nome e poi il cognome: Silvio Pellico e non Pellico Silvio, Gabriele d’Annunzio e non d’Annunzio Gabriele; o che in tempi di gloriosa e fiera democrazia è lecito tale dispari trattamento? I nomi registrati nel libro d’oro della gloria hanno prima il nome e poi il cognome: Giuseppe Mazzini, Camillo Cavour e non il contrario. La ragione degli elenchi non giustifica a pieno tale deplorevole incertezza, nè l’uso di altre lingue viene in sussidio a spiegar la cosa come una imitazione. Se poi uno ha titoli gentilizi, accademici, cavallereschi, li distribuisce a spizzico un po’ prima, un po’ in mezzo, un po’ in fine, dove capita o pare. Tanto per rafforzare le nostre ragioni, non già nella speranza di rimediare al mal uso, riporto queste assennate osservazioni del Petrocchi: «Inconvenienti dello scrivere il casato dopo il nome. 1.o Come s’è visto, si va contro alla storia e all’uso del mondo civile del nostro e degli altri paesi. E questo è il meno peggio. 2.o Si porta un monte di confusioni, perchè son troppi i nomi di persona uguali ai casati. Marcello, Ernesto, Giovanni, Ercole, Nino, Onofrio, ecc.,