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si scrive, non registrano. Il Signor Prof. Panzini ha inteso colmare questa lacuna e, per quanto posso giudicare da questo breve Saggio, vi si è accinto con intelligenza e diligenza.

Sembrami per altro ch’egli abbia abbracciato troppe e troppo svariate cose, tanto che il suo Dizionario somiglia assai a quelli che si vuol chiamare Dizionari di conversazione, de’ quali vi sono già degli esempi nella nostra e più in altre moderne lingue. Qui infatti si trova quasi una piccola enciclopedia di storia, poesia, scienza, geografia ecc. Mi sarebbe sembrato miglior cosa l’essersi ristretti alla lingua comune ne’ suoi molteplici casi non comunemente registrati, ed anche, se volevasi, ne’ principali proverbi e dicterii, senza entrare in cose troppo speciali od erudite, come Vasel d’ogni froda, Vecchio stile, Venere di Milo, Veneree malattie, Vera incessu patuit Dea, Vil maggioranza, e tante altre simili. I confini del Dizionario restano, se non erro, male determinati, nè si può scansare il troppo od il poco. Lodo bensì il distinguere che vi si fa del merito di ciascuna voce, anche secondo l’approvazione o la disapprovazione de’ puristi, verso i quali l’Autore non si mostra ingiusto, e fa bene.

La Prefazione contiene molte verità, e attesta nell’Autore un criterio sano ed imparziale, ma non sempre ben determinato e un po’ cedevole alle transazioni, tanto che ora dice di sì, ora di no; senza venire ad una conclusione netta. Lo stile la pretende troppo allo spiritoso e all’umorista, e si riveste di troppe frasi del moderno gergo scientifico; se pure l’Autore non l’ha fatto apposta per parere scrittore di gusto moderno, e conformarsi al titolo della sua opera.

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.... Anch’io però non oso dire che si scriva bene dai troppi che pur senza aver nulla da dire, fan professione pennaiuola; ma la lingua, per chi ha idee o fantasmi nel cervello e nell’anima, in Italia c’è, e ricca e bella e più che adatta, se conosciuta intera, a descrivere e significare mirabilmente qualunque aspetto tangibile della materia e imagine dello spirito. Ma noi ignoriamo il nostro patrimonio comune, perchè fin da bambini preferiamo i romanzi illustrati ai dizionari, e andiamo nelle scuole a parlare di grammatica e stilistica, costruzione cioè e ornamentazione, senza prima conoscere i materiali da impiegarsi. Lo stato odierno della nostra lingua mi pare tuttavia soddisfacente per il conveniente uso di pochi ma dignitosi scrittori; e sebbene nessun altro organismo abbia, per il suo stesso rigoglio, più parassiti di essa e nessun’altra sostanza sia rimaneggiata da una caterva maggiore di guastamestieri che ne minacciano l’integrità nativa e la libertà di funzione, io non credo che possa totalmente falsificarsi o impoverire e decadere. Certo nè il purismo fossile potrà giovarle più del normale sviluppo evolutivo, nè l’eclettismo dei giornalisti nuocerle più della burocrazia ufficiale e commerciale, ecclesiastica e letteraria. Qui veramente è la morta gora dove la nostra favella si incancrenisce e si consuma per idropisia e per tisi! Lì, lì, lì è il marcio! Non badiamo dunque con troppo rigore alle voci sane che di contrabbando s’infiltrino nel nostro non più vergine idioma. Il flusso e riflusso è un fenomeno naturale che si manifesta ancor più nella selezione universale di tutti i destini e subordina ogni vitalità alla suprema legge del moto. Tradizione quindi e reazione in natura, in arte, in politica, in letteratura, in tutto ciò che non ha da perire.

LUIGI DONATI.