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.....Il Dizionario di cui si compiace mandarmi, colla prefazione, un foglio di saggio, mi pare frutto di un’idea geniale e coraggiosa per la difficoltà dell’esecuzione.
Sulla questione dello stato presente della lingua italiana. Ella lascia ben poco da dire perchè previene e combatte vittoriosamente tutte, o quasi, le possibili obbiezioni. D’altra parte la sua prosa, che concilia meravigliosamente l’eleganza classica colla decorosa spigliatezza moderna, è il più valido sostegno delle sue ragioni.
Solamente sono meno pessimista di Lei sul giudicare dell’efficacia della scuola la quale, da un po’ di tempo, mi par che vada migliorando, malgrado l’aperta negligenza di chi la dovrebbe curare. E anche sarei un po’ più indulgente coi nuovi puristi come Lei chiama i manzoniani, non foss’altro perchè sono ridotti a picciola schiera come i patriotti dell’età aurea.
Ma, giacchè Ella desidera qualche impressione più determinata. Le dirò che mi pare che il Dizionario meriti un pochino l’accusa di troppo ospitale, da Lei così argutamente fatta a questa terra d’Italia. — Trovo, per concretare il mio pensiero — che certi vocaboli prettamente francesi di cui abbiamo il corrispondente nostrano potranno bensì essere usati dai Dodi e dalle Dodine, ma non credo meritino l’ospitalità del suo dizionario.
Così lascierei di registrare in un dizionario che dev’esser dell’uso per eccellenza certe citazioni latine che sono rarissimamente usate, (v. vestis virum facit).
E tralascierei del tutto le parole già registrate negli altri dizionari di cui il Suo è un supplemento (v. viabilità, vidimare, vertenza).
Prof. A. BUTTERI ROLANDI.
.....Poichè Ella chiede anche a me — incompetente — una risposta alla questione trattata nella prefazione al suo interessantissimo «Dizionario Moderno», eccomi a compiacerla.
Il popolo italiano ha oggi ancora una limitatissima coscienza di sè, del suo avvenire, delle sue forze intime e latenti, dei progressi che ha già compiuto, di quelli che un giorno potrà conseguire. Questo fatto è comune, a tutti, o quasi, i campi di una attività, che è pure feconda, svariata, incessante; e della quale si possono già vedere risultati più che notevoli.
Una diretta conseguenza si è: che a quel modo che ai nostri prodotti, agricoli e manifatturieri noi imponiamo spesso nome e marca estera per accrescere il loro credito sul mercato internazionale; a quel modo che i nostri lavori scentifici non sono «serii» se non hanno un pianterreno di note, rimpinzate di bibliografia straniera, preferibilmente tedesca o inglese; così il linguaggio usuale è pieno di parole, di modi, di costrutti esotici; e il cadere, anche consapevolmente, in questo difetto, sembra proprio caratteristica delle persone colte.
Il rimedio? Ella vede che bisognerebbe fare lungo discorso.
Certamente però la strada più sicura, per quanto non sembri la più breve, è quella di risvegliare e rinfrancare il sentimento nazionale, migliorando le condizioni economiche, morali, intellettuali del Paese. Quando l’Italia sarà più sana, più colta, sopratutto più ricca di quello che ora non sia, la parto patologica, com’Ella dice, di questo fenomeno tenderà ad attenuarsi sempre più. (Se scomparisse anche la parto fisiologica sarebbe grave danno: Ella, credo, ne è persuasa quanto me).
Non nego che sull’argomento si possano dire moltissime altre cose, da altri punti di veduta: ma la ragione da me accennata non mi sembra proprio tra le ultimo per ispiegare il fenomeno che Ella studia con tanta sapiente diligenza e con tanto amore.
ARNALDO AGNELLI, avvocato, professore di Economia Politica.
.....La ringrazio di avermi mandato le pagine di saggio del suo Dizionario Moderno d’imminente pubblicazione e mi congratulo con lei d’aver pensato e fatto un’opera la quale — per l’affidamento che ne danno la coltura e la genialità del suo autore — sarà, un dì, eminentemente interessante, nonchè — per il vivo bisogno che se ne sente, o almeno, che se ne dovrebbe sentire in Italia — riuscirà certo fra le più utili e feconde di bene.