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.....Non ho potuto leggere prima d’oggi il Saggio del suo Dizionario moderno. Le dico subito che mi rallegro per l’opera sua, non di letterato soltanto, ma in quanto è rappresentazione d’un fatto umano, opera anche d’artista. E quale fatto umano e naturale merita più, letterariamente e storicamente, d’esser notato di questo della lingua, tentando di vedere, e di porre quasi sott’occhio, il punto a cui ella oggi è arrivata nella espressione d’ogni ordine di persone? L’impresa è ardua e infinita, ma il suo discorso preliminare dimostra che Ella non vi s’accinse senza l’ingegno, gli studi, l’acume, e quella preparazione di pensiero proprio e di osservazioni necessari non a correre tutto, che è impossibile, ma, a avanzarsi assai, e quanto basti, in quel mare. Nel suo Dizionario ce ne sarà, mi sembra, per ogni gusto. I puristi certo non l’approveranno, ma potranno essi pure trovarvi, in mezzo ai neologismi, la loro valletta claustrale, col loro più bel fiore della favella. Ora il suo Dizionario dimostrerà, tra le altre cose, quanto oltre quei termini purissimi, trascorremmo, di quanti sterpi, se non fiori, si abbellì l’Italiano, ormai, nell’uso più generale, non più chiaro fiume, circoscritto alle rive d’Arno, ma torbida fiumana ingrossata dal sorgere e progredire di tante cose che mancarono all’aureo Trecento, e mancano ai testi aurei della Crusca. Bella idea la sua e geniale! Tentare di ritrarre, in un certo modo, una specie dì gran Babele mondiale, da cui uscirà fuori, come dal caos, la luce nuova, cioè quelle maravigliose opere d’arte in cui la lingua trasformata diviene architettura e pensiero, quando il Genio non manchi, e non manchi una qualche fede feconda. Altrimenti, non voglio far pronostici, e non presumo, ma la Babele, o la barbarie, durerà lunga e brutta, per quanto in mezzo alla «giornaliera luce delle gazzette» e della scienza. Ma ella forse vede più roseo di me, e me ne compiaccio. Solo che Dio ci mantenga un po’ d’eleganza, caro e buon Signore, non dico quella dei letterati che avremo sempre in alcuno, purchè non preziosa; ma l’altra che il popolo ha sempre spontanea e quasi improvvisa, quando non manchi troppo di quel senso di onestà, di verità, di semplicità e di gentilezza, a cui si debbono le più belle opere d’arte e di cultura.
Con queste parole molto frettolose non volli che rispondere al suo cortese invito, solo per quel tanto che io ne penso e ne so: ad altri ben più dotti le discussioni erudite.
....Alla stessa maniera che i dizionari, dirò così, ufficiali, della lingua italiana, registrano i modi e le parole che vivono già da tempo, e quei modi e quelle parole che stanno per morire, e i modi e le parole che sono già morte, anzi già fossili, il di Lei dizionario moderno registra e documenta e talvolta ricerca le origini di modi e di parole che le relazioni commerciali, industriali, politiche, letterarie, ecc., portano continuamente fra il materiale della nostra lingua. Di questi modi di recente importazione alcuni non trovando l’ambiente favorevole avranno vita breve; altri potranno adattarsi all’ambiente e si fonderanno colla lingua ufficiale, talvolta anche a danno di altri modi meno vitali. È bene aver registrato questo momento nella lingua italiana.
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I puristi non registrano le parole nei vocabolari quando quelle parole nascono, ma solo quando sono già vecchie, e magari quando stanno per morire.
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Nella di Lei mente il suo Dizionario moderno si è formato come un libro scientifico. — Ella ha dovuto concepire il suo dizionario colla forma metodica, riunendo in capitoli separati ciò che la moda, la cucina, il teatro, ecc., portano ciascuno di loro contributo. Riducendolo così come Ella ha fatto all’ordine alfabetico, il suo libro riesce più pratico, più utile, più facile a consultarsi per chi non ha il «buon tempo» a cui accenna nella sua prefazione.
Ho già capito che anch’io ogni giorno avrò bisogno di consultarlo, ma siccome, senza avere il «buon tempo» mi piaciono le cose belle, voglio anche leggerlo da un capo all’altro come si legge un libro di storia naturale, e sono certo che vi ritroverò il piacere da me provato già leggendo una parte della lettera V, piacere reso più vivo dalle sorprese talvolta inaspettate che la sorte dell’ordine alfabetico procura.
Prof. POMPEO CASTELFRANCO.