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«Ma che vuol dire bene?» — Ella mi domanderà, — «vuol dire con purezza?». Rispondo: «Vuol dire con sincerità, e con cervello nutrito di qualche pensiero. A queste condizioni, puristi o non puristi, si scrive bene». L’autunno scorso, ricordo, mi occorse di leggere in un giornale tutto dedicato a onorare il Carducci, un articolo di una donna, la quale candidamente affermava di non conoscere altro scrittore moderno che al Carducci si possa accostare, all’infuori di .... Filippo Turati. A leggere ciò, sulle prime sorrisi; ma poi so che le donne sono un poco incoscienti e perciò dicono alle volte grandi verità; e ricordando e ripensando gli scritti del socialista, che vuole? egregio collega, mi sono accorto che quella signora non aveva mica pronunciato una sciocca eresia. Non v’ha dubbio che il Turati è un grande scrittore; ed Ella sa benissimo com’egli sia anche uno dei più arditi e originali creatori di parole nuove. E il purismo? Evidentemente esso è una qualità secondaria del bello scrivere.... Ma non parliamone più. Anzi, non ciarliamo più.

Prof. G. B. MARCHESI.



.... Eccola qua, piena, calda, entusiastica, la mia adesione all’opera sua e ai criterii fondamentali cui essa s’inspira. Io ho, anni addietro, condotta su riviste milanesi e fiorentine una campagna per la «libertà di parola» nel senso filologico dell’espressione (che, del resto, non è se non il complemento naturale della stessa libertà nel senso concettuale); ed ho polemizzato un bel poco, per dimostrare che come i dialetti, senza scomparire, si espandono e si integrano nella lingua, così, senza perdere nulla della loro individualità, le lingue tendono a permearsi l’una nell’altra e a convergere lentamente verso un linguaggio universale; io, caro collega, non posso vedere nella sua opera ardita e simpaticissima, se non un felice contributo all’attuazione di questo mio sogno d’internazionalismo linguistico, sintomo e simbolo d’altro e più intimo e più profondo internazionalismo, quello dei cuori e delle coscienze.

Ne dico, con questo, che Ella porti così, semplicemente una pietra, per quanto fondamentale, all’edificio d’una sublime utopia; dico anzi che il suo «Dizionario Moderno», soddisfacendo ad un bisogno che nell’animo suo, squisitamente evoluto e sensibile, era divenuto insistente, impellente, fattivo, risponde pure ad un bisogno non altrettanto vibrante, forse, in tutte le anime italiche, ma in esse largamente largamente diffuso; ed in molte, fra le quali pure la mia, molto intenso, quasi irrequieto, e che lo diviene ora assai più, in presenza del mezzo che Ella ci offre di soddisfarlo.

Le dirò, anzi, che io vagheggiavo (non per accingermi io all’impresa, s’intende, non avendoci la minima competenza), e da molti anni, l’idea di un vocabolario sul tipo di quello che fa parte dei manuali Hoepli, col titolo di «Nuovo dizionario universale delle lingue italiana, tedesca, inglese e francese disposto in un unico alfabeto»; ma lo immaginavo universale davvero, cioè contenente i vocaboli di tutte le lingue più diffuse del mondo civile, e quindi anche dello spagnuolo, del russo, dell’arabo, del turco, e (perchè no?) del giapponese, disposti essi pure in un’unica serie alfabetica indistintamente, come se si trattasse d’una lingua sola; e con questo in più, rispetto al dizionario tetraglotto dell’Hoepli, che alle parole meno ovvie e comuni seguisse una breve e chiara spiegazione, come ora fa Lei del suo «Dizionario moderno».

Del quale, intanto, io applaudo vivamente il titolo stesso, in cui è già implicita l’affermazione che altra è la lingua oggi, altra fu ieri, altra sarà domani; e che la lingua d’ogni nazione è qualcosa di vivo che si trasforma e si trasfigura per intimo lavorio alimentare, proprio come un organismo animale o vegetale, in cui ogni giorno molte cellule vecchie e logore muoiono, si decompongono, vengono eliminate, mentre altre cellule, poichè l’organismo si nutre assimilando sostanze alimentari che prima gli erano eterogenee (e Lei riferisca tutto questo anche alla lingua), mentre altre cellule, dico, si formano, crescono, si riproducono (ed ecco gl’innumerevoli derivati di una radice linguistica) e formano interi e vasti e complessi tessuti nuovi.

Ella vede: come dall’unità della materia organica che trapassa per gli organismi individui senza arrestarvisi, senza fissarvisi stabilmente, noi assurgiamo ad un alto e nuovo concetto della vita e dell’essere, così dall’unità della materia verbale (non