Pagina:Panzini - Dizionario moderno.djvu/581

539 —

.... Trovo la prefazione una magnifica cosa, per le idee che esprime e per l’incisiva scultoria scintillante forma con la quale sono espresse. Credo che il Nuovo Dizionario da Lei compilato con cosí larghi e acuti intendimenti riuscirá un’opera di vittoria. ADA NEGRI.

Accanto alla vecchia lingua venerabile vivo per noi la necessitá quotidiana di un’altra lingua sempre nuova, sempre in via di arricchirsi e di mutarsi, e che non è italiana. Che ne facciamo? Bisogna prima di tutto che noi prendiamo a conoscerla con sicurezza, perchè, in ogni caso, non ci si comporta bene verso ciò che si conosce male. Ci ha pensato Alfredo Fanzini, sano e arguto novellatore, nel quale nessuno finora avrebbe sospettato un vocabolarista in potenza. Vocabolarista egli s’è fatto per ragion di buon senso. Vivendo a Milano, nel maggior centro commerciale e industriale d’Italia, dove si diffondono prestamente nella parlata i nomi di cose e di costumi che vengano d’oltralpe, senza trovare gran resistenza in un tenace uso locale, il Fanzini trovò che di codeste innumerevoli espressioni nuove e forestiero, come di modi correnti derivati da detti greci, latini o dialettali, neologismi della scienza, della politica, del giornalismo, della moda, dello sporta del teatro, della cucina, i piú fanno libero uso senza saperne esattamente il valore, l’origine e spesso nemmeno l’ortografia. E si accinse a fare ciò che, in veritá, è strano che non sia giá stato fatto: un Dixionario íiioderno (Milano, Hoepli) in cui siano registrate e spiegate le voci che mancano nei dizionari italiani della lingua pura. Del lungo lavoro il Fanzini manda attorno un saggio e domanda agli amici il loro parere. Io rispondo in pubblico che la sua idea, intanto, è eccellente, checché altri ne possa dire; perchè, barbare no, scorrette o no, lo locuzioni registrate nel suo dizionario, appartengono alla pratica comune, sono fatti linguistici che è impossibile negare e che sarebbe stolto disprezzare: sono espressioni del nuovo pensiero, del nuovo sapere, delle nuove usanze di tutti i paesi civili, e formano un piccolo vocabolario universale di cui anche l’Italia, anzi piú che l’accademica tradizionale Italia ha bisogno.

I pedanti, i quali credono sul serio che i vocabolari siano i codici legali e non gii indici anagrafici della lingua, si scandalizzino a posta loro: il pubblico sará ben contento di trovare finalmente spiegate in un libro autorevole tante espressioni che la moda ci porta di fuori o conia di suo, obbligandoci a usarle se vogliamo trattare coi nostri simili speditamente, da gente pratica e deliberata a far suoi gli acquisti della civiltá moderna: espressioni di tutti, che però pochi intendono a dovere, giacché, osserva il Fanzini, se il «giovin signore» non ha bisogno di chi gli spieghi il vocabolo steepleehase^ il fisiologo involuzione^ la crestaia aigrette, il medico (oraceniesi, il geografo Ihaltceg, il geologo trias, il cuoco supreme di pollo, il filosofo agnosticismo, il giornalista leader, l’avvocato preterintenzionalitá, il fisico radioattivitá, l’archeologo terramara, l’economista plusvalore, eccetera, ciascuno di questi signori può aver bisogno degli schiarimenti di cui non ha bisogno l’altro, e il pubblico in genere gradirá che gli si chiarisca il glossario speciale delle varie scienze o professioni.

Rendendo ragione del suo lavoro in assai lunga prefazione, l’autore del Dizionario moderno prevede e ribatte gli argomenti di coloro a cui l’opera sua può parere empia o provocatrice di letterari disordini. Frima di tutto, comporro un vocabolario sia pur di barbarismi e di neologismi non è consacrare queste eresio né imporlo altrui. E poi, secondo il Fanzini, non si può sacrificare una parto anche minima di pensiero alla purezza del linguaggio, e al pensiero moderno è oramai indispensabile, istintivo, quasi connaturato un linguaggio internazionale. È inutile opporsi airaccettazione delle novitá, sian osse vocaboli stranieri o italianizzati: né por esso la lingua italiana andrá in rovina. Chi può assicurare che questa invasione di neologismi non rappresenti una necessitá, un fenomeno doli’evoluzione storica dol nostro paese, venuto con r indipendenza e con l’unitá a contatto immediato con altri popoli piú i)rogroditi ?

Senonchè il fenomeno naturalo, fisiologico, si complica con altri fenomeni fittizi, patologici: da una i)arte la resistenza grotta e cieca dei nuovi puristi, che vedono nella lingua piú tosto un fine agli studi elio un mozzo alla vita intellettuale e pra-