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antichi libri si usavano numerare a carte, non a pagine, come oggidí, perciò si diceva verso la seconda pagina, non numerata. Voce dei librai e bibliofili (V. Retto).

Vertenza: «sebbene sia formato da uno dei sensi del verbo vertere i= pendere in giudizio, pure non è bello usarlo per lite., questione, piato» (Eigutini).

Vertigine: come termine medico, è sindrome determinata specialmente dal senso della instabilitá nello spazio rispetto alle cose circostanti.

Verum scire est per causas scire: lat., il vero sapere è il sapere coíioseendo le cause. E motto abusatissimo, che ricorda il vergiliano felix qui potuit rerum cognoscere causas (riferito a Lucrezio) Ma di chi è? motto baconiano? leibniziano?

Verve: voce francese, frequente ed abusiva per brio., calore., anima (dell’artista, del poeta, dell’oratore). Verve., dal lat. verva == testa di montone , indi capriccio architettonico? (Cfr. l’etimologia della parola nostra capriccio, da capra).

Verza: (da verde) in Lombardia e nell’alta Emilia dicesi ^qv cavolo. Il Petrocchi, che si attiene al puro fiorentino, ha verzotto., che è appunto il cavolo verzotto con foglie grandi verdi e cesto a palla, o cavol cappuccio. Cappuccio appunto a Venezia e a Napoli. Bròccolo., tanto in Lombardia come in Eomagna e in molte altre parti d’Italia è chiamato volgarmente il cavolfiore., appunto da brocco., onde brocca., broccato etc. Molti diz. spiegano broccolo semplicemente per tallo del cavolo o della rapa.

Verzellino: piccolo uccello dell’ordine dei Coracorniti, della famiglia dei fringuelli, Serinus hortulanus., detto anche Scrino, Crispolino, Verdolino, Raperino.

Verziere: lat. virido.rium., voce antica per giardino e in tal senso fuori d’uso: è rimasta nel dialetto milanese per indicare il mercato delle erbe (verzèe).

Vescica sgonfia: locuzione piena di sapienza popolare per indicare quelle persone che altamente presumono di se, e dall’esperienza vennero conosciute vuote di valore. NB. Le vesciche sorreggono il mondo, come le botti vuote i galleggianti, e pili sono piene di vento, piti ser vono. Talora però accade che qualcuna scoppi e si sgonfi e allora non ha piú pregio.

Vespasiano: V. Monumenti Vespasiani.

Vestaglia: veste da camera per signora.

Vestale: (propriamente la sacerdotessa della Dea Vesta., vergini innupte): ironicamente e familiarmente talora si dice per meretrice., donna del giro.

Veste (aver): per avere autoritá è «neologismo inutile quanto barocco» (Eigutini).

Vestis virum facit: lat., l’abito fa l’uom,o, cioè l’essere è nel parere. Cfr. il proverbio siciliano: Scarpi., causimi e jiuppuni Ti fanno compariri barimi. E diceva Cosimo il vecchio come due canne di panno rosato facevano tm uomo dabbene.

Vestito: raccolgo in breve sotto questo vocabolo, a cui spesso rimandai, nozioni che pur formando argomento di libri e di scritti vari, sono tuttavia piú frequentemente cercate che facilmente trovate. La Rivoluzione francese (1789-1815) rivoluzionò il vestito. I calzoni lunghi, i colori prevalentemente scuri, il cappello a staio, la rigidezza del taglio sono frutti della civiltá borghese. Però cosa notevole: mentre fra due uomini, l’uno in marsina, l’altro in parrucca e spadino (secolo XVIII) il distacco è grande ; una dama in abito odierno da ritrovo o da ballo non stonerebbe fra dame vestite all’antica. La donna non potè abbandonare la piuma, il colore vivace, la trina, lo svolazzo. Il cosí detto abito maschilizzato (abito tailleur) non indica una nuova tendenza, ma un comodo in alcuni casi e, forse, una raffinatezza. La sostituzione dei calzoni \^í intende di quelli di stoffa) alla gonna non potrá prevalere se non in alcuni speciali casi di comoditá pel moto ginnastico. La sottana è intimamente congiunta alla fisiologia e psicologia muliebre. Prima della Rivoluzione non sarebbe proprio dire che la Francia, che pur era maestra di ogni eleganza, avesse vera e propria moda. La moda (fr. mode., dal latino modus = cioè «uso passeggero, dipendente dal gusto e dal capriccio», inglese fashion) suppone la mutabilitá della foggia e degli adornamenti. Questa mutabilitá è cosa propria