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du Lied. Ma forse si può trattare di un effetto, non avvertito, nel tradurre dal francese.

Passo di carica: V. Caricare.

Passò quel tempo, Enea: (che Dido a te pensò): verso metastasiano rimasto, come altri di questo facile poeta, popolare. (Didone abbandonata II, 4).

               Tempo era, tempo fu,
               quel che era non è più!

e spesso si dice in materia d’amore, in cui è noto quanta importanza abbia il fuggevole momento, come ben sa e avverte la psicologia muliebre.

Pastello (pittura a): si dicono pastelli i dipinti eseguiti con matite di vario colore: nei quali si impastano e digradano le tinte con lo sfumino. Non pare che gli antichi usassero tale genere di pittura. Fiorì verso la metà del sec. XVIII.

Pastetta: voce napoletana: lett. farina spenta nell’acqua e sbattuta con un po’ d’olio, la quale serve per far frittelle. In senso traslato vale imbroglio, sotterfugio elettorale. Voce la quale insieme alla cosa è ben nota anche fuori di Napoli. A Napoli certe cose si fanno ancora con allegra ingenuità!

Pastrocchio: voce volgare e familiare, romagnola e veneta (coi suoi derivati): è l’antica parola classica pastocchia (da pasta) e vale intruglio, indi finzione, imbroglio, cosa mal fatta. Cfr. il milanese pastrúgn = intruglio, pastrugnòn pasticcione e il verbo impastocchiare.

Patati-patata: voce del gergo francese per esprimere un continuo chiacchierio.

Patatrac: suono onomatopeico che esprimo il rumore di un corpo che si sfascia e cade; familiarmente vale ruina, sfacelo. Fr., patatras.

Patchouli: olio essenziale, estratto dalla distillazione degli steli e delle foglie di una pianta tropicale Pogostemon patchouly: uno dei profumi vegetali più forti e graditi. V. Pasciulì.

Pâté: rad. pâté = pasta; è il nostro pasticcio; ma per indicare certi pasticci, farciti di carni, la cucina francese ha dato voga alla parola del proprio idioma. Es. Pâté de foie.

Pâté d’ancien: per patina di monumenti, quadri etc., è locuzione usata da alcuni per leziosaggine, vizio, od oblio della voce nostra.

Patente (lettera) : termine più specialmente storico per indicare le lettere col regio sigillo, contenenti disposizioni di legge o privilegi. Specie di motu proprio. Queste lettere patenti si riferiscono di solito al tempo delle antiche monarchie: fr. lettres patentes, dal lat. patère = essere aperto, manifesto.

Paterno (il governo) : locuzione usata per lo più ironicamente per significare i governi italiani, specialmente quello dell’Austria dopo la Santa Alleanza, i quali consideravano i sudditi come pupilli sotto tutela, cui conveniva guidare, specialmente dopo quella gran dissipazione del periodo rivoluzionario e napoleonico. Il concetto politico infatti della Santa Alleanza era che i principi dovessero reggere i popoli da buoni padri di famiglia. Dicesi oggidì in mal senso di governi e reggitori quando sembrino volersi di troppo inframettere negli affari de’ cittadini, recando offesa a quel concetto di autogoverno e di libertà che è o vorrebbe essere una conquista della età presente.

Pathèmata mathèmata: antico motto della sapienza greca: letteralmente vuol dire i patimenti sono ammaestramenti, cioè gran maestro è il dolore. Ricorda l’esametro Vergiliano: non ignara mali, miseris sucurrere disco (Eneide, I, 630). Si tratta, però, di un maestro che è bene non invocare, tanto più che viene da se e i suoi ammaestramenti non sono sempre sicuri.

Pathos: V. Patos.

Patio: voce spagnuola, dal latino pàtulus = aperto, cortile, atrio, e anche campo. Voce notata anche in francese.

Patoà: V. Patois.

Patois: dialetto, vernacolo, ed è vocabolo francese comune fra noi, in alcune regioni. La etimologia comunemente accolta dal buon Ménage, dal Littré, dallo Scheler, è dal latino patrius o patriensis.

Patos: più di frequente, seguendo lo grafìe straniere, pathos (greco [testo greco]) = passione, ciò che uno soffre senza sua volontà. Termine filosofico, comune ai lin-