Pagina:Panzini - Dizionario moderno.djvu/38

xxxvi Alfredo Panzini

rispettata. Questo particolare stato d’animo degli Italiani — così discorde dalla sapienza di quel lontanissimo popolo di Roma, che pure abitò e improntò di sè queste terre beate, il quale scrisse volere essere servo della legge per potere essere libero 1 — può, come buona chiave, spiegare il segreto di molta parte della storia nostra nell’evo medio e moderno.

Tale amore di individuale libertà insieme ad una ereditaria filosofica sapienza è cagione di bene e di male insieme: genera una tolleranza stupenda di ogni azione ed opinione, ma genera una tipica e singolare indifferenza, una geniale inerzia a resistere al male. Si osservi come ogni intelligente e facondo ciarlatano trovi presso di noi via aperta ai primi posti; si osservi come il popolo con diletto attico ascolti le maravigliose parole, pur sapendole, per intuitiva saggezza, inani e fallaci; si osservi come i buoni, i pensosi, i laboriosi sorridano filosoficamente, non denuncino, ma tollerino e lascino passare e trionfare.

Ora — derivando queste considerazioni generiche al fatto preciso del linguaggio — credere che nel popolo italiano sorga quando che sia un sentimento di difesa del linguaggio, patrimonio ideale e collettivo, è convincimento in me assai scarso. Il popolo nostro al: «fa come ti piace», soggiunge: «di’ un po’ come ti pare!». Di una cosa però sono convintissimo, ed è che questo umano ed ingegnosissimo popolo nostro che insieme al popolo ellenico fu somma parte nel destino degli uomini, ma che — mentre quello imbizantì e si spense — resistette, visse nei secoli rinnovandosi e di nuova giovanezza vestendosi, pur conservando se stesso pur germinando sempre inesausto, non perirà.

Conforta il cuore il vedere come dicevo in principio, con quale impeto sorse e sorge a modernità di vita questa varia «itala gente da le molte vite». Ora questo pensiero domina ogni altro, cioè che non perendo anzi fiorendo ed aumentando, conserverá, comunque sia per modificarsi e rinnovarsi, quella necessaria impronta dell’essere che è la propria parola 2.

Bellaria, Agosto, 1904.

ALFREDO PANZINI.

  1. Legum.... omnes servi sumus, ut liberi esse possimus, Cicerone (Pro Cluent., LII, 146).
  2. Veda il lettore in fine del volume i giudizi dati da autorevoli persone consultate su questo importante argomento.