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Prefazione | xxxi |
in sociologia. Credere poi di far della ribellione anche per mezzo delle innocenti parole italiane, è esercizio belligero di bimbi in ricreazione. Capisco: queste sono cose che se anche si pensano, non si dicono. È vero. Io però non ho nessuna azione al banco del credito popolare e non temo di manifestare il mio pensiero.
Un’altra e ben curiosa categoria di persone è quella formata da gente di scienza e di studi; accademici, poeti, letterati, i quali hanno proprio due diversi tipi di linguaggio, l’uno come vien viene, per l’uso spiccio (è l’abito sudicetto per casa), l’altro adorno dei più lustri e gemmati vocaboli con tutte le decorazioni del vocabolario per le scritte solenni (è l’abito da parata). Che dire poi dell’italiano parlato dal ceto signorile e mondano? È una specie di gergo, un curiosissimo impasto, dal cui studio si possono ricavare effetti comicissimi. Che dire di certi scrittori che pure hanno autorità e buon nome, a cui l’arme dello scrivere sembra senza punta se non è temperata di quando in quando nel vocabolo forastiero? e si è osservato come di due parole che indicano la cosa stessa, di uguale forma, etimologia, ma l’una italiana l’altra francese, la prima includa senso plebeo, la seconda grazia e gentilezza? Non vi aggiungo corredo di esempi, chi ne vuol trovare sfogli il Dizionario, e ne troverà moltissimi. Ma il popolo stesso in cui per legge naturale sta la forza conservatrice del linguaggio, appena riesce ad impadronirsi di una voce forastiera, si è osservato come gode di usarla? E la straordinaria facilità con cui le voci effimere del gergo francese passano nel nostro? Anche per codesto non cito esempi: si sfogli il Dizionario.
Dopo ciò è, io non so se più comica od ingenua, l’osservazione che moltissimi fanno e sul serio: «Ma, scrivere in italiano è molto difficile! Non si sa mai quale parola, parolina, preposizione usare! Non si è mai sicuri. Invece in francese!» Sfido io! Anche le paroline, cioè i piccoli cardini delle parole traballano! Tutto questo, si noti bene e già l’ho detto, fu da me trattato oggettivamente nel dizionario: ho notato cioè il fenomeno, come un notaio fa un inventario. Ma qui, come italiano, non posso nascondere che ciò porge la brutta imagine di una servitù, ricercata e volontaria.
«Il quadro è pessimista e voi l’avete specialmente dedotto dalla lettura dei giornali e simili stampe». È in parte cosa vera: ma io per un libro vivo — torno a ripetere — non potevo non tener conto di questa forma viva, popolare dominante di letteratura, che è il giornale. La lingua usata dal giornale è di solito deplorevole, convengo; ma