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Far | — 175 — | Far |
commerciale dato ad un alimento per bambini che si prepara (o si dovrebbe preparare) mescolando latte condensato con zucchero e con farina di cereali, trattati precedentemente in modo da renderli più facilmente assimilabili.
Faringite: infiammazione della mucosa della faringe, cioè di quella cavità a forma di imbuto che è situata dietro la cavità della bocca e che si restringe per continuarsi con l’esofago.
Far la bocca brincia: modo volgare nostro che significa quell’incurvamento in giù e quel tremito che fanno le labbra, specie dei bimbi, nell’atto del piangere.
Farla cascar dall’alto: modo elittico nostro che vale esporre alcuna cosa, in modo che appaia di maggior importanza che essa non sia di fatto. Dicesi anche di concessioni fatte con arte in modo che chi concede sembra aver largito maggior favore e vinto maggior difficoltà che non sia realmente. Arte non rara in chi vuol farsi valere o far apprezzare e ricordare alcun favore o beneficio.
Far la civetta: locuzione nostra familiare, detta delle donne che, per vanità o capriccio più che per amore, si studiano con le loro lusinghe e moine di sedurre, acchiappare i merli, nel modo stesso che la civetta chiama al paretaio gli uccelli.
Far la festa ad uno: locuzione nostra volgare e familiare che vale uccidere, e anche giustiziare. Al qual proposito il Salvini (Ann. Tan. Buon., p. 573) annota: «far la festa a uno, perchè quando si fa giustizia, è come si facesse una festa ’l popolo viene come a una solennità». Ma è spiegazione che poco mi persuade.
Farla franca: familiarmente vuol dire non essere colto in flagrante, riuscire in impresa di astuzia o di frode.
Far la frittata: locuzione familiare nostra che significa conciare malamente alcuna cosa, sbagliare, guastare, mal riuscire.
Far la piazza: nel linguaggio dei viaggiatori di commercio significa sfruttare la piazza, cioè recarsi presso i vari clienti che sono in una data città, sollecitando, procacciando affari e commissioni.
Far l’asino: dicesi molto volgarmente e con intendimento di ridicolo di chi comincia a spasimare, ammirare, seguire alcuna donna.
Far la spia: curiosa locuzione popolare nostra, indice del costume e della storia! Nelle Marche e nella Romagna, forse anche altrove, il rispondere all’Autorità giudiziaria ciò che essa ha diritto di chiedere intorno ad un dato fatto al cittadino, e che il cittadino cui soccorra senso civile ha dovere di palesare affinchè la giustizia abbia il suo corso, si chiama dal basso popolo semplicemente far la spia!
Far la vita: nel dialetto milanese equivale a far la bella vita, del gaudente; e detto poi delle donne di male affare, significa esercitare il mestiere della lor mala vita.
Far le cose en grand seigneur: da gran signore, alla grande, cioè magnificamente, senza badare a spese e si dice, di solito, parlando di feste, ricevimenti, disimpegno di uffici ospitali. Il modo italiano vale il francese, ma dirlo alla francese pare più signorile. Solito caso!
Far l’indiano, far le orecchie del mercante e toscanamente fare il nesci, far lo gnorri: sono locuzioni che valgono fingere di non sapere o capire o ricordare cosa che si sa etc. Es. «Che fa il nesci Eccellenza?» Giusti, S. Ambrogio. «Questo per corrispondere alla celia... rispose: eh, io fo l’orecchio del mercante» P. Sposi, Capo IV. «Era costui uno sgherro d’Egidio; era stato, facendo l’indiano, su la porta del padrone per veder quando Lucia usciva dal monastero» P. Sposi, Cap. XX.
Far l’occhio di triglia o l’occhio di pesce morto: espressione nostra che significa guardare in modo languido, amoroso, seduttore, mostrando il bianco dogli occhi senza direttamente fissare. Si dice quando si vuol beffare il guardo amoroso e muto che spesso usano le donne.
Farm: voce inglese che significa podere, fattoria, piantagione, onde farmer, fattore, fittaiuolo.
Far mangiar la polvere: chi è più veloce corridore fa mangiar polvere a chi viene dietro, onde familiarmente la frase vale passare avanti, tener la testa, avanzare vincendo.