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al suo giudizio, etc. Ma anche qui è notevole la tendenza di lasciar nell’incuria i sinonimi nostri il cui uso richiede un certo studio e discernimento, e adoperare invece la frase unica, più facile e meglio acconcia in una specie di linguaggio meccanico.
Fare il becco all’oca: V. Ecco fatto, etc.
Fare il giuoco di uno: operare in modo da aiutare l’opera di un altro, facilitargli la via, specie dicesi parlando di opere subdole. Locuzione tolta dal giuoco in quattro in cui il compagno deve cercar di conoscere le carte del compagno per poterlo aiutare, fare il suo giuoco.
Fare il passetto: nel gergo dei giocatori a tresette ed a calabresella (terzilio) così si dice quando il giocatore, avendo un tre e supponendo che l’avversario abbia un due accompagnato da carta dello stesso seme, passa una carta bassa per far così l’ultima mano. Avanzare altrui con astuzia o frode.
Fare i suoi passi: far le pratiche, usar le cure, adoperarsi per ottener qualche cosa o per far valere i propri diritti e le proprie ragioni.
Fare una figura barbina: locuzione nostra familiare che vuol dire fare una figura, misera, infelice, ridicola.
Fare una punta: locuzione tolta dal francese e d’uso nel linguaggio militare per spingersi, avanzare sino ad un dato punto: usasi anche in altro senso, come fare una punta in un argomento, per toccare.
Fare un bacio: brutta forma dialettale lombarda più frequente che il verbo baciare, dare un bacio, passata scorrettamente nella lingua, almeno in queste regioni.
Farewell!: in inglese addio! e letteralmente bene da lungi. Es. «Ultimo Nansen dalla scaletta già staccata dal parapetto, saltò agile nella lancia gridando l’ultimo Farewell!» Si tratta di una di quelle parole, dette rarissime volte e, nell’esempio citato, con intenzione di riprodurre il vero suono della persona, ma pur tuttavia rientra nel numero di quelle voci straniere che sono usate come se avessero più acuto senso che le nostrane. V. Adieu!
Far fagotto: modo familiare, comune sì al dialetto lombardo (fa su el fagott) che al toscano, e vuol dire partirsi, andarsene, ma si intende di persona costretta dalle circostanze e alla svelta o per suo meglio. Yale anche morire.
Far fiasco: modo familiare che significa non riuscire e vi si contiene lieve senso di scherno. La spiegazione di tale locuzione sarebbe questa: Domenico Biancolelli, celebre arlecchino bolognese del secolo XVII, costumava comparire su la scena con un lungo e lepido monologo che variava ogni sera su di un dato oggetto che recava in mano; ora cioè una parrucca, ora una lettera, ora un cavastivali e simili. Una volta venne fuori con un fiasco, ma o fosse il monologo meno arguto del solito o non fosse l’attore in vena, il publico non rise come di consueto. Allora il Biancolelli si rivolge al fiasco, dicendo: «È colpa tua se questa sera sono una bestia!» e se lo gettò dietro le spalle. Da quella sera quando ad un attore toccava una simile sorte, si diceva: È il fiasco di Arlecchino! — poi semplicemente un fiasco, indi far fiasco. Tolgo questa spiegazione da G. Bianchini, op. cit. Dicesi anche fiasco con forza esclamativa. La locuzione far fiasco la trovo anche registrata nel supplemento del Littré, faire fiasco e ne è data una seconda spiegazione, tolta dall’arte de’ nostri vetrai; nè è ignota alla lingua tedesca, Fiasko machen = far fiasco. Ecco il caso di una locuzione che può vantarsi di non aver fatto fiasco.
Far flanella: V. Flanella in Appendice.
Far fuoco e fiamme: modo familiare nostro usato in Romagna e credo anche in Toscana — grande è l’affinità dei due idioma — per indicare l’adoperarsi iracondo, aperto, ostinato di taluno per ottenere un dato fine ovvero opporsi che alcuna cosa avvenga.
Farina lattea: fr. farine lactée, nome