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Prefazione xix

suoi vocaboli; plasmarne di nuovi; adattarne di antichi; e come tolse molte forme della sua nuova vita dalle nazioni che in questo moto lo precedettero e con le quali venne in diretto contatto, così — vera legge del minimo sforzo — ne togliesse anche le parole: questo più specialmente da quella nobile Francia da cui da assai tempo ebbe e prese molta parte del lievito fermentatore della sua resurrezione; a cui somiglianza improntò i suoi istituti politici, amministrativi, militari, etc.; mentre la comune origine latina del linguaggio rendeva facile e naturale l’endosmosi, per così dire, e l’adattamento del vocabolo.

Anzi, come nel trasformare di un’antica officina manuale in altra officina meccanica, avviene, in quell’acre solerzia del mutamento, di rovinare e gettar via senza troppo discernere ciò che potrebbe ancora essere buono e in avvenire forse rimpianto, così in questo rinnovamento delle parole vennero messe in riposo molte voci belle ed efficaci pur di far posto alle nuove.

Dette queste cose, si presenta naturale la deduzione seguente: se questo evolversi di vita nuova è stata cosa ottima, del che niuno dubita, cosa buona del pari deve ritenersi questa rapidissima evoluzione del linguaggio, che ne è conseguenza necessaria. E allora come corollario si può aggiungere: adunque ogni restrizione al libero uso delle parole, è mera pedanteria di coloro i quali per amore all’immobilità della tradizione, vorrebbero mettere un freno al progresso ed al sapere: pari in insipienza ad una madre la quale per male inteso amore delle infantili grazie del suo pargoletto, gli impedisse, con pressioni e fasce, di crescere.

Questa opinione, cioè di accogliere il vocabolo prevalente, vorrei dir galleggiante nell’uso, senza troppo, anzi senza affatto discernere quale esso sia, nel modo stesso che si ama e spende la moneta in corso, è opinione difesa da non pochi dell’esiguo numero di coloro che talora riflettono sui vocaboli e su le locuzioni di cui fanno uso. Ed anche il grandissimo numero degli Italiani a cui è necessaria la parola pei commerci della vita, ma che non hanno mai pensato esistere una filosofia e una scienza del linguaggio, non farebbero diverso ragionamento nel caso che su questa materia credessero di dover perder tempo a ragionare. Questa, insomma, è, o meglio sarebbe, l’opinione più distinta fra coloro che non distinguono in fatto di parole.

E si può aggiungere da chi volesse meglio sostenere tale opinione: una grande letteratura non è mai stata legata alle questioncelle di lingua: informi la letteratura ellenica fra le antiche, liberissima e pure insupe-