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Dol — 141 — Don

lungo e kefalè = testa. Dicesi come agg. di cranio ovale. Questo nome fu dato da Retzius ai crani umani formati in guisa che veduti dalla parte superiore sono ovali con il diametro longitudinale superiore d’un quarto circa al diametro trasversale. V. Indice cefalico.

Dolio: (lat. dòlium) grande vaso di creta presso i romani ove si teneva il vino nel periodo della fermentazione, prima di travasarlo nelle anfore. Più tardi fu fatto di doghe come le nostre botti.

Dolman: come voce della moda indica un mantello per signora, ampio, senza maniche, spesso con cappuccio. La voce completa è doliman, abito dei turchi, talare, di seta a fini tessuti vistosi, con pelliccia. Gli Ungheresi venendo al servizio di Luigi XIV, portarono in Francia questa foggia di sopra vesta di parata che essi tolsero dai Turchi. A noi certo venne per via della Francia.

Dolmen: voce celtica o gallica che dir si voglia; significa lastrone. | I dolmen sono antichissimi monumenti, sull’uso e su la natura dei quali gli archeologi, come al solito, non s’accordano. Probabilmente tombe. Consistono di una informe lastra di marmo che posa su due altre minori e verticali. Gran numero se ne trovò nella Gran Britannia e nella terra Armoricana. Furono creduti anche appartenere al culto druidico.

Domesticato: V. la locuzione Socialisti addomesticati.

Domicilio coatto: locuzione neologica (coactus = costretto, forzato) accolta dalla Crusca, cui risponde l’antica voce confine. Facoltà data per leggi al Ministero dell’Interno, per gravi motivi di sicurezza e di ordine publico, di designare por un termino da 6 mesi a 2 anni a’ recidivi e malviventi un luogo di residenza. Istituto adatto a fomentare più i vizi antichi e apprenderne di nuovi che ad emendamento. Dicesi per estensione familiare domicilio coatto di residenza ingrata o forzata.

Domi mansit, lanam fecit: rimase in casa, filò la lana: quattro parole epigrafiche che rendono e comprendono l’ideale dell’antica mater familias presso i romani.

A questo proposito oggi si è corso anche di troppo! V. Femminismo.

Dòmino: nome in antico dato al camauro de’ preti col cappuccio per difesa dal freddo, dunque letteralmente = al signore, pel signore. Così per simiglianza al detto camauro venne nel secolo XVIII in Francia chiamata quella nota specie di cappa che nei balli mascherati si indossa per occultare volto e figura. L’accento sull’o è indice della provenienza francese. Il Petrocchi ha ambedue le grafie dòmino e dominò. Per estensione poi domino indica la persona stessa che ne è vestita.

Don: (lat. dominus, donno = signore) usasi nel dialetto napoletano dinanzi al nome come titolo di cortesia. Nell’aristocrazia e segnatamente in quella lombarda, don e donna sono assai comuni come prefissi ai nomi di chi è insignito di titolo nobilesco. Don Lisander (Alessandro Manzoni). Notevole questo uso del don nelle regioni dove la Spagna ebbe più lungo e diretto dominio.

Donare: (fr. donner) vale dare in dono, ed è oggi francesismo usarlo per dare. — Salvini, Discorsi: «Il castigo che ai delinquenti si dona», così il signor Allan, op. cit. ma parmi poco dell’uso o affettato.

Don Chisciotte: dell’eroico e mirabilmente folle eroe del Cervantes il popolo intendendo solo il lato spavaldo e cavalleresco, dice per beffa don Chisciotte di persona che assuma o inutile o sproporzionata difesa altrui con vana iattanza. Tale senso estensivo è pure in fr. Don Quichotte, Don Quichottisme.

Donchisciottesco: aggettivo formato dal nome del noto eroe del Cervantes, Don Chisciotte. Dicesi di persona o azione che abbia alcun che di spavaldo, petulante, coraggioso, ingenuo talora; ma per questioni che non ne valgono il conto.

Don Cicillo: felice espressione dialettale napoletana che rendo nel suono istesso la persona che vuol significare, cioè il giovane elegante, manierato, che corteggia lo donne, che affetta signorilità e ricchezza. Tipo che si incontra dovunque, e con speciali caratteri in Napoli. | Registro questa