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Dav — 123 — Dec

siedono su l’alto di superbi sedili. Il nome preciso è alla D’Aumont, da Luigi, duca d’Aumont, gran signore di Francia e, prima della rivoluzione, arbitro della moda e delle eleganze. Egli era celebre per lo sue scuderie e diè voga a tale forma di cocchi.

Davus sum, non Oedipus: io sono Davo (un servo), non Edipo (il sapiente che spiegò l’enigma della Sfinge). Terenzio, Andria, atto I, 3, 194.

Dazio: per porta, barriera è locuzione milanese molto comune per indicare la porta della città ove solevano essere i doganieri. L’uso rimane anche dopo che il dazio alle porte è stato tolto. Idiotismo destinato a scomparire.

Dead-heat (ded-hit): parola inglese del linguaggio delle corse e significa prova nulla per l’arrivo simultaneo di due cavalli, ciclisti e simili istrumenti di rapidità. Come tutte le voci dello sport essa è pure nel gergo francese.

De auditu: lat. per sentita dire.

Débâcle: nel primo senso disgelo, innondazione e propriamente significa lo spezzarsi della superficie compatta e congelata di un fiume, i cui lastroni precipitano per la corrente con pericolo de’ ponti e de’ battelli. Es. la débâcle de la Loire. Passò poi nel senso politico e sociale per indicare la mutata fortuna, lo scomporsi e il precipitare irresistibile di una istituzione, di una forma di governo, etc. In tale senso la voce francese è usata da noi. Vi risponderebbero le parole sfacelo, sbaraglio.

Débauché: parola francese che indica l’eccesso del bere e del mangiare e poi sregolatezza de’ costumi. Derivato débauché. Per l’etimologia V. lo Scheler. Il Sig. Petrocchi nel suo dizionario universale fa posto all’aggettivo debosciato. Oh, perchè allora non metto anche deboscia? Questo «sconcissimo gallicismo» (Rigutini) mi pare alquanto fuor dell’uso, almeno parmi fra i gallicismi uno de’ più evitati ed evitabili, forse in grazia del pessimo suono.

Debito publioo: è il complesso di tutte le obbligazioni di denaro dello Stato verso privati. Con legge 10 luglio 1861 venne istituito il Gran libro del debito del regno d’Italia.

Debordare: per venir fuori, sporger fuori dal suo posto o orbita, è il fr. déborder. V. Bordo.

Debosciato e Deboscia: V. Débauche.

Debutto e debuttare: i dizionari di solito non registrano queste due parole che sono di valore quasi tecnico nel linguaggio teatrale. «Gallicismi sguaiati» (début e débuter) li chiama il Fanfani e propone esordiente ed esordire, principiante e principiare, ma chi usa queste parole in tale senso? Il Rigutini annota che «anche la gente di teatro e i gazzettieri cominciano a vergognarsene»; ma non mi pare davvero!

Decadente: neol. non registrato e tolto dal neologismo francese décadent, per indicare quella scuola poetica la quale susseguendo ad un’età gloriosa e piena, segnò un periodo di decadenza come nerbo di pensiero, compensata però da alcuna innovazione nella forma e nei suoni. Furono detti codesti poeti anche Parnassiani dal Parnasse contemporain, edito dal Lemerre (1866, in-8°) con la collaborazione della più parte di cotesti poeti, fra i quali Arsène Houssaye, Th. Gautier, Carlo Baudelaire, F. Coppée, Sully Prudhomme, etc. Codesta scuola fu espressione di forze giovani e ribelli che fusero, per così dire, nella nuova arte l’elemento romantico della passione e la raffinatezza classica della cesellatura e del suono. In questo amore della raffinatezza sta la ragione del nome. E sta altresì nel fatto che, come esiste l’alba, il meriggio e il tramonto, così esistono varie tendenze del pensiero artistico e letterario e ciascuna, secondo la sua ragione, può avere particolari bellezze e fascini. Carlo Baudelaire, paragonando l’accademismo classico ad una «matrona rustica, ripugnante di salute e di virtù, senza contegno e senza espressione», dice che la letteratura di Decadenza è come «una di quelle imperiose bellezze che dominano la memoria, che congiungono al profondo fascino naturale tutta l’eloquenza del vestire: signora de’ suoi movimenti, cosciente e di sè stessa regina; voce armoniosa come ben temprato