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Coc | — 100 — | Cod |
in Pistoia. Coccarda è parola radicata nell’uso e registrata nei lessici e dalla Crusca con esempio del Papi. La usò il Bresciani ed il Giusti nel Brindisi di Girella. È una delle molte voci francesi, venuta con la Rivoluzione e Napoleone.
E lo mio amore se n’è ito a Siena:
Portommi il brigidin de’ tre colori.
Dall’Ongaro.
Cocco: specie di palma americana che produce noci grosse come poponi, le quali quando son fresche contengono un liquido dolce e rinfrescante; secche, una sostanza bianca e solidificata che mangiasi come mandorle, e se ne fanno anche bibite. Col guscio si lavorano vasi, coppe, etc.
Cochon: voce francese da coche, italiano cocca, cioè il taglio che si fa a detto animale per castrarlo. Anche questa parola talvolta occorre, giacchè dire porco in certi casi metaforici e specialissimi è sgradevole e volgare, e cochon invece può suonar amabile, quasi un faceto rimprovero. Voce del gergo in tale senso, cochon = homme depravé.
Cocal: n. volgare su l’Adriatico del più comune dei gabbiani, cioè il Laro derisore (Larus ridibundus), ottimo volatore sopra il mare e sopra i grandi corsi e bacini d’acqua continentali. S’intrattiene da noi, dove raramente nidifica, per lo più dall’agosto all’aprile. — Cocàl è sinonimo d’uomo magrissimo, come pure d’uomo stupido, forse per l’immobilità della posa del gabbiano e per la sua abitudine di portare indietro e in basso il collo e la testa, forse anche perchè pessimo a mangiarsi, cibandosi di pesci. Del resto anche la voce toscana e italiana rispondente a cocàl, gabbiano (lat. gavia, onde gavianus) vale babbeo, stupido. E il giavàn milanese, che abbia la stessa origine? NB. Non confondasi, come spesso avviene, gabbiano con alcione. Alcione è uno dei tanti nomi dell’Alcedo ispida, detto, fra altro, Martin pescatore, Uccello Santa Maria, Piombino, Uccello del ghiaccio. È verde e azzurro superiormente, rosso bruno inferiormente. Bell’uccello, dal becco lungo e dalla coda breve, che s’intrattiene lungo i corsi d’acqua, le paludi, le maremme, nutrendosi di pesci, d’insetti acquatici e di vermi. È comune e stazionario in Italia.
Cocktail: così è chiamata una bibita americana, fatta di brandy o gin mescolato con zucchero ed acqua.
Cocòlo: bimbo, caro, cocco, cucco, nel dialetto veneziano, onde il verbo cocolàr.
Cocomero: (cocùmer) in Lombardia non significa il frutto che toscanamente dicesi con tal nome e in Lombardia, Emilia, Romagna, anguria, bensì il cetriolo.
Cocorita: corruzione della parola argentino-spagnuola cotorrita, piccolo pappagallo: verde chiaro, più piccino di una tortora. Si distinguono tre specie di pappagalli secondo bellezza e grandezza, pappagallo, loro, cotorrita.
Cocu: variazione della voce francese coucou; latino cuculus = cuculo. Per antifrasi questo nome è applicato al marito che ha donna infedele, per la ragione che ci riferisce uno scoliasta antico [Acrone, scol. ad Hor. Sat. VI, 7] Cuculus avis hoc vitio naturali laborat, ut ova ubi posuerit oblita, saepe aliena calefaciat. Lo Scheler però propose più acuta etimologia, da coq = gallo, gelosissimo animale. C’est par une mètaphore analogue tirée d’un animai tout aussi ardent et jaloux que le coq que l’on a qualifié le mari trompé de cornard ou porte-cornes.
Codeina: è un alcaloide dell’oppio: calmante nervoso, molto usato per la tosse.
Codice: libro manoscritto, ma propriamente diconsi Codici i manoscritti antichi, i quali sono o sopra carta pecora, o carta bambagina; onde si dicono o codici membranacei, o codici cartacei.
Codificazione: parola registrata e sancita dall’uso: indica l’atto dell’inscrivere alcuna legge nel codice. Il conio della parola, nota secondo verità il Fanfani, è francese. Code = codice, quindi codification. In italiano è codice, quindi sarebbe codicificazione, brutta parola senza dubbio e che nessuno si sogna di usare. Dunque codificazione, notando che quando non si crea del proprio, bisogna accettare le parole necessarie quali gli altri